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5. L'arte del conversare

(Ri)leggere le Lettere di sant'Ignazio



Il «Presupuesto» (Ej 22) presentato subito dopo il titolo del libretto mira a mettere nelle giuste disposizioni di apertura dell’intelligenza e del cuore sia chi fa gli Esercizi sia chi li dà, di modo che si stabilisca possibilmente fra loro uno spirito d’amore ispirato a quello che c’è fra Cristo-Sposo e la Chiesa-Sposa (cf. Ej 365). Per guidare bene, uno dovrebbe «tenere l’animo pronto a cercare ragioni in difesa dell’altro e in nessuna maniera in sua offesa» (Ej 361). «Chi dà ad un altro un modo e un ordine per meditare o contemplare» (Ej 2) badi quindi a spiegarsi bene, consiglia Ignazio, e a lasciare l’esercitante libero di esprimere eventuali domande o difficoltà di comprensione. Più in generale, perché questi trovi aiuto negli scambi personali, occorre adattarsi alla sua persona, cioè «alla sua età, istruzione o ingegno» (Ej 18), prendendo in considerazione le sue eventuali esperienze nel campo pubblico o professionale (Ej 19), ma anche la sua condizione e il suo temperamento. «Non contraddire mai alcuno, né con ragione né contro ragione»: era questa la regola data da Ignazio (Epp 7017: XII, 678). Ai due gesuiti che sta per inviare in Irlanda, egli impartisce delle direttive che hanno lo stesso scopo: per portare i loro interlocutori a «maggiore gloria e lode di sua divina Maestà» (Ej 240), essi devono attirare la loro simpatia usando quell’ascolto e quella pazienza che esige un dialogo svolto nell’amore cristiano.



A Paschase Broët e Alonso Salmerón

(inizio settembre 1541)

Nel trattare con tutti […], parlare poco, prendendo tempo, ascoltare a lungo e volentieri, questo finché gli interlocutori abbiano terminato di dire quello che vogliono. Poi, rispondere ai diversi punti, porre fine al colloquio e congedarsi. […] Quando si conversa con un altro, per guadagnare il [suo] favore nel maggior servizio di Dio nostro Signore considerare anzitutto il suo temperamento naturale in modo da lasciarsi guidare da esso. Uno è collerico e parla con vivacità e con piacere? Si cercherà di conservare il suo modo nelle relazioni con lui, conversando di cose buone e sante, senza mostrarsi grave, flemmatico o malinconico. Quelli che per natura sono riservati, lenti nel parlare, gravi e ponderati nelle conversazioni, adattarsi al loro modo, poiché è questo che è loro gradito: omnia omnibus factus sum [1 Cor 9, 22]. Bisogna osservare questo: qualcuno è di indole collerica e conversa con un altro collerico? Se non hanno del tutto lo stesso spirito, vi è grandissimo rischio che nel conversare si scontrino nei loro discorsi. Perciò se uno sa di essere di temperamento collerico, deve prestare un’attenzione del tutto particolare, anche nei dettagli, alle sue conversazioni con altri. Deve andare per quanto possibile molto armato, essendosi esaminato o disposto a soffrire e risoluto a non alterarsi con l’altro, specialmente se conosce le sue debolezze. Se, invece, la conversazione è con un flemmatico o un malinconico, il pericolo di disaccordo per via di parole precipitose non è tanto grande.

CB I/4_1 [Epp 32: I, 179-180]

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