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42. Il demonio di fronte a una coscienza larga o delicata

(Ri)leggere le Lettere di sant'Ignazio



Il nemico, spiega Ignazio negli Esercizi, «osserva molto se un’anima è grossolana o delicata» (Ej 349) e usa una tattica diversa a seconda dei casi. Mentre il cattivo spirito «procura che dei peccati mortali faccia poco caso» (Ej 349), quello buono fa sentire, in chi vive nel peccato, il «verme della coscienza» (Ej 69), e con la «sinderesi della ragione» «punge» la sua coscienza e dà dei «rimorsi» (Ej 314). «Se» invece «il nemico vede che un’anima non ammette in sé peccato mortale né veniale [cf. Ej 35-37], né apparenza alcuna di peccato deliberato, allora, quando non può farla cadere in cosa che appaia peccato, procura di farle credere peccato dove non c’è peccato» (Ej 349). Per fare bene l’esame di coscienza (Ej 32; cf. 1, 18), occorre quindi esaminare qual è l’orientamento fondamentale della vita spirituale, se cioè la persona «va intensamente purificandosi dai propri peccati» (Ej 314). Nelle persone che – come Teresa Rejadell a cui scrive il santo – «procedono di bene in meglio», lo spirito buono tocca allora «dolcemente, delicatamente e soavemente», mentre quello cattivo «tocca in modo pungente e con strepito» (Ej 335).




A Teresa Rejadell

18 giugno 1536

Se il nemico trova una persona la cui coscienza larga lascia passare i peccati senza ponderarli, fa di tutto perché il peccato veniale non sia niente, il mortale diventi veniale e il mortale gravissimo poca cosa, utilizzando il difetto che scopre in noi, cioè una coscienza troppo lassa. Se trova invece un’altra persona la cui coscienza sia delicata – cosa che non è difetto –, vedendo che non solo allon­tana da sé i peccati mortali e possibilmente quelli veniali – che non è in nostro potere evitare tutti – ma che cerca anche di allontanare da sé ogni apparenza di colpa leggera, ogni imper­fezione e difetto, allora procura di contorcere questa buona coscienza facendo credere peccato ciò che non lo è e insinuando difetto dove c’è perfezione allo scopo di confonderci e affliggerci. E spesso, quando non riesce a far peccare né ha speranza di arrivarvi, si adopera almeno di tormentare.

CB IV/1_1 [Epp 7: I, 103-104)








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