(Ri)leggere le Lettere di sant'Ignazio
Nella sua vita pubblica Gesù ha chiamato alcune persone a mettersi più specialmente a disposizione (Lc 5,3): assieme ai discepoli, ci sono delle donne che lo assistono (Lc 8,2-3). A differenza di altri come Zaccheo o il geraseno guarito che rinvia nel loro ambiente (Lc 8,38), esse sono, come Paolo, degli “strumenti” (At 9,15), delle forze coadiuvanti che egli si associa nella sua missione di andare nel mondo e di proclamarvi il regno di Dio (Lc 9,60). Ignazio confida che il Signore può fare «uso dei suoi strumenti più piccoli» (Epp 2384: IV, 128). Spesso torna sotto la sua penna la supplica rivolta a Dio che voglia render idonei tali strumenti e servirsi di essi per un bene maggiormente universale, ossia l’assistenza non solo materiale ma spirituale di queste anime «che gli sono tanto care nel prezzo del sangue e vita di Gesù X.o.» (Epp 4073: VI, 189).
Ai Compagni inviati a Clermont
(11 maggio 1556)
Quanto migliori saranno in sé i nostri [compagni], tanto più saranno idonei strumenti della divina grazia per aiutare gli altri. Ognuno di loro, dunque, renda retta la sua intenzione in modo che in tutto cerchino, non i loro interessi personali, ma quelli di Gesù Cristo [Fil 2,21]; e si sforzino di avere e di rinnovare spesso i propositi e i desideri di essere veri e fedeli servitori di Dio, e di rendere buon conto di sé in ogni cosa che sarà loro affidata, con vera abnegazione della propria volontà e giudizio, sottomettendosi alla guida di Dio mediante la santa ubbidienza, che siano adoperati nelle cose alte o in quelle basse; e si sforzino di ottenere questa grazia dal donatore di ogni bene nelle orazioni quotidiane; e il loro superiore dia loro questi ricordi e altri che saranno convenienti per il profitto spirituale.
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